Stars – Black Hole Cam https://blackholecam.org Imaging the event horizon of black holes Mon, 29 Apr 2019 15:00:11 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.4 Attempting the Impossible: Taking the First Picture of a Black Hole https://blackholecam.org/was-einstein-right-2/ Fri, 31 Mar 2017 04:39:23 +0000 https://blackholecam.org/?p=1821 ALMA joins the Global Millimeter VLBI Array (GMVA) and the Event Horizon Telescope (EHT)

The Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) joins for the first time the Global mm-VLBI Array (GMVA) and the Event Horizon Telescope (EHT), Earth-sized virtual observatories, which are made possible by an international collaboration of radio telescopes. One of the main drivers of this global collaboration is to study in detail the supermassive black hole at the center of our Milky Way. The GMVA will derive the properties of the accretion and outflow in the immediate surroundings of the Galactic Center, while the EHT will aim at imaging, for the very first time, the shadow of the black hole’s event horizon.

The impressive line-up of participating telescopes stretch across the globe, from the South Pole to Europe to Hawaii, and, of course, Chile. ALMA with its 66 antennas, state-of-the-art receivers, its excellent site and southern location make it the largest and most sensitive, as well as a strategic component of both the GMVA and EHT. The observations will be done with the GMVA from April 1 to April 4, 2017, and with the EHT from April 5 to April 14, 2017.

This infographic details the locations of the participating telescopes of the Global mm-VLBI Array (GMVA), and the Event Horizon Telescope (EHT). Their goal is to image, for the very first time, the shadow of the event horizon of the supermassive black hole at the centre of the Milky Way, as well as to study the properties of the accretion and outflow around the Galactic Centre. Credit: ESO/O. Furtak

The outcome of these observations is eagerly awaited by the community as its scientific potential is incredibly exciting. To help understand better these forthcoming observations, ALMA and its partners have launched a blog series to explain what the GMVA and EHT projects are and the science behind them. The series will take you along an astronomical journey, providing insight into how cutting-edge research is done, describe the associated risks, and provide answers to questions such as: How do radiotelescopes see the Universe? Why are black holes so interesting? What do we know about the supermassive black hole at the center of the Milky Way?

The outcome of these observations is eagerly awaited by the community as its scientific potential is incredibly exciting. To help understand better these forthcoming observations, ALMA and its partners have launched a blog series to explain what the GMVA and EHT projects are and the science behind them. The series will take you along an astronomical journey, providing insight into how cutting-edge research is done, describe the associated risks, and provide answers to questions such as: How do radiotelescopes see the Universe? Why are black holes so interesting? What do we know about the supermassive black hole at the center of the Milky Way?

The first installment explains the GMVA and EHT projects in more detail and what they may see. You can read it here.

(taken from ALMA announcement on Friday, 31 March 2017)

 

 

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Mission impossible per l’Event Horizon Telescope https://blackholecam.org/mission-impossible-per-levent-horizon-telescope/ Sat, 25 Mar 2017 16:31:56 +0000 https://blackholecam.org/?p=1853

È tutto pronto per scattare la foto del secolo. Un insieme di otto osservatori simulerà un radiotelescopio delle dimensioni della Terra allo scopo di intravedere il moto del gas incandescente che circonda il buco nero supermassiccio della Via Lattea. Quali le sfide e le attese? Ne parliamo con Heino Falcke, presidente del consiglio scientifico dell’EHT, e Ciriaco Goddi, responsabile scientifico del progetto BlackHoleCam

Se il 2016 è stato l’anno delle onde gravitazionali, il 2017 non sarà da meno. C’è tanta attesa ed entusiasmo, ma anche qualche apprensione, per quella che è stata definita la “foto del secolo”, o forse di sempre, che avrà come obiettivo l’orizzonte degli eventi di un buco nero. Otto radiotelescopi sparsi sul globo uniranno le loro forze agendo virtualmente come una singola, potente antenna delle dimensioni della Terra. L’Event Horizon Telescope (Eht), un nome appropriato per significare l’importanza di questa impresa titanica, punterà le antenne verso il centro della Via Lattea, cercando di spiare il buco nero che si cela nel nucleo della nostra galassia. Se questo tentativo avrà successo, le spettacolari immagini, che saranno pubblicate tra la fine di quest’anno e gli inizi del 2018, potrebbero aiutare gli astronomi a verificare le predizioni di Einstein e conoscere più da vicino non solo Sagittarius A* (Sgr A*) ma anche il buco nero supermassivo della galassia ellittica gigante M87, l’altro obiettivo dell’esperimento.

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L’immagine illustra una simulazione numerica relativa al moto del gas magnetizzato che ruota attorno al buco nero emettendo onde radio in banda millimetrica. Si nota anche come viene piegata e assorbita la luce dal buco nero. Crediti: M. Moscibrodzka, T. Bronzwaar & H. Falcke

Le precedenti osservazioni di Sgr A*, realizzate con un network di radiotelescopi che operano a frequenze radio più basse rispetto all’Eht, hanno fornito solo immagini indicative, dalla forma a blob, poiché non sfruttavano un elevato potere risolutivo. Le misure fatte finora con l’Eht hanno invece raggiunto una risoluzione angolare intorno ai 60 microsecondi d’arco. Nonostante questa spettacolare risoluzione angolare (equivalente al diametro sotteso da una mela posta sulla superficie della Luna), queste misure non hanno consentito di ottenere un’immagine della sorgente, perché il network era costituito da soli 3-4 elementi. Ma c’è qualche speranza, poiché il coinvolgimento di altri strumenti in banda millimetrica come Alma (Cile) e il South Pole Telescope (Antartide), rispetto alla rete di radiotelescopi situati in Hawaii, Spagna, Messico e Arizona, permetterà di migliorare la risoluzione angolare e le aspettative in termini della ricostruzione delle immagini.

«Un elemento fondamentale per l’attuazione di questo piano è l’Atacama Large Millimeter Array (Alma), che è il radiotelescopio più sensibile mai costruito in banda millimetrica, situato nel deserto di Atacama nelle Ande Cilene, a 5100 m sul livello del mare, il deserto più alto e secco al mondo», spiega a Media Inaf Ciriaco GoddiBlackHoleCam project scientist alla Radboud University, Nijmegen, in Olanda e astronomo presso l’Alma Regional Center a Leiden, sempre in Olanda. BlackHoleCam è un progetto di ‘Synergy Grant’ finanziato dall’European Research Council – guidato da Heino Falcke (Radboud University Nijmegen e Astron), Michael Kramer (Max-Planck-Institut für Radioastronomie) e Luciano Rezzolla (Goethe University in Frankfurt) – che ha come obiettivo quello di ricostruire la prima immagine accurata di un buco nero.

«Alma è un insieme di 50 antenne singole di 12 metri di diametro», ricorda Goddi, «per il quale è stato sviluppato un dispositivo (detto beamformer) in grado di aggregare l’intera area di raccolta dell’array in un unico elemento: in tale sistema tutte le 50 antenne sono combinate per agire congiuntamente come un unico elemento gigante (equivalente ad un radiotelescopio di ben 84 metri di diametro) all’interno dell’Eht. L’inserimento di questo “fuoriclasse” nella rete di radiotelescopi è ciò che consentirà un salto di qualità nelle prestazioni dell’Eht, sia in termini di risoluzione che di sensibilità, permettendo così di “mettere a fuoco” il buco nero supermassiccio al centro della nostra Via Lattea».

Operando insieme, le antenne simuleranno un singolo gigantesco strumento delle dimensioni della Terra che sarà in grado di “vedere” direttamente l’orizzonte degli eventi, quel confine che circonda i buchi neri dove tutto ciò che passa non torna mai più indietro, e rivelare la cosiddetta “ombra” di Sgr A*. Di fatto, grazie alla tecnica dell’interferometria radio a lunghissima linea di base (Vlbi), si otterrà il livello più alto di risoluzione spaziale di ogni altro attuale strumento astronomico. Nel caso di Sgr A*, che si estende per circa 24 milioni di chilometri (circa 17 volte più grande del Sole) e che si trova a 26 mila anni-luce, “scattare una foto” è una missione impossibile: il raggio di Schwarzschild risulta decisamente piccolo (10 microsecondi d’arco). «Una cosa da tener presente è che noi non risolveremo 10 microsecondi d’arco», fa notare Goddi. «Infatti, grazie all’effetto della lente gravitazionale dovuta all’enorme gravità attorno all’orizzonte degli eventi, lo spaziotempo viene talmente “curvato” che il raggio di 10 microsecondi d’arco diventa in realtà (visto da noi) 25 microsecondi d’arco. Perciò la dimensione (angolare) dell’ombra del buco nero, creata dall’orizzonte degli eventi, vista da Terra, sarà di 50 microsecondi d’arco. È questa la risoluzione angolare che EHT può raggiungere facilmente».

L’immagine illustra una simulazione numerica relativa a un getto relativistico che ha origine nel buco nero e che emette onde radio (banda di frequenza 50 GHz o lunghezza d’onda di 7mm). Si nota il disco di materia che accresce al centro del buco nero e i due getti simmetrici in direzione perpendicolare al disco. Crediti: T. Bronzwaar, M. Moscibrodzka, & H. Falcke

Nonostante ciò, gli astronomi sperano di poter vedere le regioni immediatamente più esterne dove il gas viene trascinato nel disco di accrescimento che circonda il buco nero e come la materia viene espulsa lungo i getti. La speranza è anche quella di poter definire la dimensione e la forma dell’orizzonte degli eventi e verificare se la relatività generale sia ancora valida in condizioni estreme. Gli scienziati hanno eseguito tantissime simulazioni per analizzare le possibili configurazioni che può assumere il gas e in tutti i casi la scelta è caduta sul valore di 1,3 mm. In altre parole, per penetrare la nube di polveri e “vedere” l’orizzonte degli eventi, occorrerà che il gas caldo si trovi in prossimità di questa zona di non ritorno mostrandosi luminoso e brillante a questa lunghezza d’onda, così come sperano gli astronomi. Inoltre, la luce dovrà propagarsi senza trovare particolari ostacoli arrivando a Terra, dopo aver attraversato l’atmosfera, fino a raggiungere le parabole dei radiotelescopi: ancora una volta, la scelta di utilizzare una lunghezza d’onda di 1,3 mm (230 GHz) sembra essere quella giusta.

Diversi gruppi hanno già sviluppato una serie di algoritmi per ricostruire le immagini dalle osservazioni, che permetteranno di limitare imperfezioni derivanti dalle prestazione degli strumenti o la presenza di rumore causati dall’atmosfera terrestre. I ricercatori sperano anche di realizzare dei filmati relativi al moto del gas, spingendo oltre i limiti le capacità di imaging degli stessi algoritmi. Queste osservazioni potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere come alcuni oggetti supermassivi in altre galassie appaiano estremamente attivi, risucchiando voracemente materia ad un ritmo forsennato ed espellendo il resto lungo spettacolari getti relativistici che si estendono nello spazio fin oltre la galassia ospite, mentre altri come Sgr A* sembrano essere a dieta.

L’immagine illustra il risultato aspettato dalle imminenti osservazioni con l’Eht, dove l’immagine simulata del plasma intorno al buco nero è stata ricostruita usando uno degli algoritmi costruiti ad-hoc per l’esperimento (eht-imaging). Come si può notare, l’immagine non è del tutto fedele alle simulazioni numeriche (come quella della figura in apertura), ma già queste prime osservazioni potrebbero rivelare le prime indicazioni della cosiddetta ”ombra” intorno al buco nero. Crediti: C. Goddi, F. Roeloff, M. Moscibrodzka.

Secondo alcune simulazioni, le immagini dovrebbero assomigliare a quelle di una mezzaluna, anziché a un blob così come previsto da altri modelli. La forma a mezzaluna deriva dalla presenza del disco di accrescimento. Data la sua rotazione attorno al buco nero, il lato del disco che si muove verso l’osservatore diventerà più luminoso, a causa dell’effetto Doppler relativistico, mentre il lato del disco che si allontana dall’osservatore apparirà più debole. Al centro della mezzaluna crescente si dovrebbe intravedere un cerchio più scuro, la cosiddetta “ombra del buco nero”, che rappresenta effettivamente l’oggetto centrale massiccio, mentre la luce risulterà talmente deflessa a causa dall’intenso campo gravitazionale.

Ma che cosa osserverà esattamente l’EHT? «Sappiamo che l’emissione radio viene emessa da una regione molto vicina al buco nero. Più alta è la frequenza e più vicina all’orizzonte degli eventi del buco nero viene emessa la radiazione», spiega Heino Falcke del Department of Astronomy, Radboud University Nijmegen, Olanda, e presidente del consiglio scientifico dell’Event Horizon Telescope. «L’orizzonte degli eventi è una sorta di membrana unidirezionale attraverso cui qualsiasi cosa, persino la luce, può solo sparire e mai tornare indietro. Quindi, ci aspettiamo di vedere una vera “buca” di luce, circondata da un anello luminoso, che chiamiamo la “ombra” dell’orizzonte degli eventi. Ad ogni modo, nel corso dei primi anni di osservazioni la nostra risoluzione e qualità non saranno probabilmente abbastanza ottimali, perciò potremmo vedere una struttura complicata e distorta che potrebbe assomigliare molto a una “arachide”. Solo col tempo e forse sfruttando le frequenze più elevate, saremo in grado di ottenere un’immagine veramente nitida della regione più esterna del buco nero».

Falcke è stato il primo a proporre nel 1998 e poi nel 2000 l’idea di creare l’immagine dell’ombra del buco nero galattico. Lo scienziato ha poi sviluppato, assieme al suo team, un modello per spiegare l’origine dell’emissione radio da Sgr A* proveniente da una parte del plasma che sfugge alla morsa del buco nero sottoforma di un getto relativistico.

Le osservazioni, che saranno effettuate in una finestra temporale dal 5 al 14 aprile, per cinque notti, dovranno affrontare alcuni ostacoli. «Il maggiore ostacolo che dovremo affrontare durante le osservazioni il prossimo mese è dato dalle condizioni climatiche, in particolare dal tasso di umidità o più precisamente dal contenuto di vapore acqueo nella troposfera», dice Goddi. «Il suo effetto non è solo quello di attenuare il già debole segnale, ma è anche quello di “distorcere” il fronte delle onde radio, per cui una volta che queste arrivano ai rivelatori non saremo in grado di ricostruire l’immagine della sorgente che le ha generate. Per questo motivo, noi astronomi del consorzio Eht di presidio nei vari telescopi dovremo decidere se dare o meno il via libera alle osservazioni sulla base di fattori climatici (in primis la colonna di vapore acqueo misurato ai telescopi nei vari siti). Io starò di base ad Alma, lo strumento di gran lunga più importante dell’esperimento, per cui da lì sarà presa la decisione se procedere con le osservazioni o no, sulla base appunto delle condizioni climatiche che saranno presenti durante quei 10 giorni nel deserto di Atacama».

«Per diversi decenni, questo buco nero si è mostrato alquanto noioso, essenzialmente come un blob regolare ed ellittico», aggiunge Falcke. «Ora, con questo esperimento, il suo aspetto dovrebbe cambiare completamente. Abbiamo una chiara predizione dalla teoria di Einstein secondo cui l’orizzonte degli eventi esiste, perciò dovremmo essere in grado di vedere almeno qualche traccia di questo orizzonte degli eventi nei nostri dati. Naturalmente, non è così semplice. Ci piacerebbe avere ancora molti altri radiotelescopi in modo da realizzare un’immagine unica. Di fatto, l’assenza di un solo strumento comprometterebbe la qualità dell’immagine in maniera significativa. Ci sono un sacco di cose che possono andar storto. Le condizioni meteo devono essere ottimali in tutti i siti sparsi sul globo e nello stesso intervallo di tempo di osservazione, il che non è sempre così. La strumentazione può non funzionare. Sono coinvolte tante componenti hi-tech, alcune delle quali sono state installate appositamente per questo esperimento. Dovremo registrare un’enorme mole di dati, dell’ordine dei petabytes, che non possiamo archiviare nelle singole stazioni e perciò parte di essi potrebbero perdersi durante il trasporto dei dischi rigidi. Le persone possono commettere errori durante le ore notturne. Ci sono oltre 30 persone che saranno inviate particolarmente in questi otto osservatori per salvaguardare le prestazioni dell’esperimento oltre alla presenza degli operatori e tecnici di turno. Si tratta di un’operazione complessa, non ancora standardizzata, dove qualcosa può sempre andar storto».

Gli otto osservatori che formeranno l’Event Horizon Telescope. Crediti: BBC

La relatività generale afferma che una massa, specialmente una così massiccia equivalente a 4 milioni di soli, curvi lo spaziotempo. Questa curvatura può essere calcolata matematicamente perciò la dimensione dell’ombra prodotta da Sgr A* dovrebbe essere o uguale a quella predetta dalla teoria di Einstein oppure no. È un po’ come ripetere l’esperimento che realizzò Eddington durante l’eclisse del 1919 quand’egli misurò la deflessione dei raggi luminosi di stelle vicine al bordo solare dovuta all’azione esercitata dal campo gravitazionale della nostra stella. Ora, quasi un secolo dopo, gli scienziati eseguiranno una misura similare il cui effetto, però, sarà moltiplicato milioni di milioni di milioni di volte in termini della curvatura dello spaziotempo.

Insomma, ottenere un’immagine risolta di Sgr A* sarebbe già un trionfo. Ma il vero obiettivo di questo esperimento è quello di utilizzare le abilità della tecnica di imaging per verificare alcuni aspetti della relatività generale. Se ci sono delle deviazioni dalle idee di Einstein, così come sospettano alcuni scienziati che ipotizzano delle spiegazioni più complete della gravità, allora è proprio in questi ambienti estremi che caratterizzano i buchi neri dove queste limitazioni potrebbero rivelarsi. «Non credo che da queste prime osservazioni potremo provare che Einstein abbia torto o ragione», conclude Falcke. «Ad ogni modo, dovremmo essere in grado di intravedere delle strutture complesse dovute alla presenza dell’orizzonte degli eventi. Questo ci permetterà di confrontare i nostri dati con le simulazioni numeriche molto dettagliate e capire meglio se e di quanto sta ruotando il buco nero e come è orientato. Entro qualche anno, le immagini dovrebbero migliorare sempre più in modo da permetterci di “vedere” in definitiva, e per la prima volta, un vero orizzonte degli eventi, l’estremità finale dello spazio e del tempo».

(taken from Media INAF article on March 24 2017)

 

 

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Was Einstein right? https://blackholecam.org/was-einstein-right/ Tue, 30 Sep 2014 22:00:58 +0000 http://blackholecam.org/?p=169 Scientists to image event horizon of black hole

The European Research Council (ERC) has awarded 14 Million Euros to a team of European astrophysicists to construct the first accurate image of a black hole. The team will test the predictions of current theories of gravity, including Einstein’s theory of General Relativity, The funding is provided in the form of a “Synergy Grant”, the largest and most competitive type of grant of the ERC.

The team led by three principal investigators, Heino Falcke, Radboud University Nijmegen, Michael Kramer, Max-Planck-Institut für Radioastronomie, and Luciano Rezzolla, Goethe University in Frankfurt and Max-Planck-Institut für Gravitationsphysik, Potsdam, hopes to measure the shadow cast by the event horizon of the black hole in the center of the Milky Way, find new radiopulsars near this black hole, and combine these measurements with advanced computer simulations of the behaviour of light and matter around black holes as predicted by theories of gravity. They will combine several telescopes around the globe to peer into the heart of our own Galaxy, which hosts a mysterious radio source, called Sagittarius A* and which is considered to be the central supermassive black hole.

Astrophysicists Heino Falcke, Luciano Rezzolla and Michael Kramer (from left to right), principal investigators of the BlackHoleCam research project which is funded by European Research Council (ERC) with a Synergy Grant of 14 Million Euros. © Dick van Aalst/Radboud University Nijmegen

Synergy grants are awarded by the ERC, on the basis of scientific excellence in an intricate and highly competitive selection procedure. The grants have a maximum limit of 15 Million Euros and require the collaboration of 2-4 principal investigators. In the current selection round the ERC honoured 13 out of 449 funding proposal, which corresponds to a success rate of less than 3%. Proposals were submitted from all areas of European science. This is the first time an astrophysics proposal has been awarded.

“The project in depth BlackHoleCam: Imaging the Event Horizon of Black Holes”

Black holes

Black holes are notoriously elusive with a gravitational field so large that even light cannot escape their grip. The team plans to make an image of the event horizon – the border around a black hole which light can enter, but not leave.

“While most astrophysicists believe black holes exists, nobody has actually ever seen one”, says Heino Falcke, Professor in radio astronomy at Radboud University in Nijmegen and ASTRON, The Netherlands. “The technology is now advanced enough that we can actually image black holes and check if they truly exist as predicted: If there is no event horizon, there are no black holes”.

Measure the tiniest shadow

So, if black holes are black and are hard to catch on camera, where should one look? The scientists want to peer into the heart of our own Galaxy, which hosts a mysterious radio source, called Sagittarius A*. The object is known to have a mass of around 4 million times the mass of the Sun and is considered to be the central supermassive black hole of the Milky Way.
As gaseous matter is attracted towards the event horizon by the black hole’s gravitational attraction, strong radio emission is produced before the gas disappears. The event horizon should then cast a dark shadow on that bright emission. Given the huge distance to the centre of the Milky Way, the shadow is equivalent to the size of an apple on the moon seen from the earth.

However, by combining high-frequency radio telescopes around the world, in a technique called very long baseline interferometry, or VLBI, even such a tiny feature is in principle detectable. Falcke first proposed this experiment 15 years ago and now an international effort is forming to build a global “Event Horizon Telescope” to realize it. Falcke is convinced: “With this grant from the ERC and the excellent expertise in Europe, we will be able to make it happen together with our international partners”.

Find more radio pulsars

In addition, the group wants to use the same radio telescopes to find and measure pulsars around the very same black hole. Pulsars are rapidly spinning neutron stars, which can be used as highly accurate natural clocks in space.  “A pulsar around a black hole would be extremely valuable”, explains Michael Kramer, managing director of the Max-Planck-Institut für Radioastronomie in Bonn. “They allow us to determine the deformation of space and time caused by black holes and measure their properties with unprecedented precision”. However, while radio pulsars are ubiquitous in our Milky Way, surprisingly none had been found in the centre of the Milky Way for decades. Only recently Kramer and his team found the very first radio pulsar around Sagittarius A*. “We suspect there are many more radio pulsars, and if they are there we will find them”, says Kramer.

Behaviour of light and matter

But how will scientists be really sure that there is a black hole in our Milky Way and not something else that behaves in a very similar way? To answer this question, the scientists will combine the information from the black hole shadow and from the motion of pulsars and stars around Sagittarius A* with detailed computer simulations of the behaviour of light and matter around black holes as predicted by theory.
“We have made enormous progress in computational astrophysics in recent years”, states Luciano Rezzolla, Professor of theoretical astrophysics at the Goethe University in Frankfurt and head of the gravitational-wave modelling group at the Max-Planck-Institut für Gravitationsphysik. “We can now calculate very precisely how space and time are warped by the immense gravitational fields of a black hole, and determine how light and matter propagate around black holes”, he remarks. “Einstein’s theory of General Relativity is the best theory of gravity we know, but it is not the only one. We will use these observations to find out if black holes, one of the most cherished astrophysical objects, exist or not. Finally, we have the opportunity to test gravity in a regime that until recently belonged to the realm of science fiction; it will be a turning point in modern science”, says Rezzolla.

Partners in Europe

The principal investigators will closely collaborate with a number of groups throughout Europe. Team members in the ERC grant are:

  • Robert Laing from the European Southern Observatory (ESO) in Garching, European project scientist of ALMA, a new high-frequency radio telescope, that the team seeks to use for their purpose,
  • Frank Eisenhauer from the Max-Planck-Institut für extraterrestrische Physik in Garching, principal investigator of the upcoming GRAVITY instrument for the ESO Very Large Telescope Interferometer, to precisely measure the motion of stars and infrared flares around the Galactic Center black hole.
  • Huib van Langevelde, director of the Joint Institute for VLBI in Europe (JIVE) and Professor of Galactic radio astronomy at the University of Leiden.
    The efforts of the Max-Planck-Institut für Radioastronomie will be conducted jointly with the VLBI group and the high-frequency radio astronomy groups at the institute and their directors Anton Zensus and Karl Menten.

The scientists also want to make use of the two major European millimeter radio observatories (NOEMA and the IRAM 30m telescope) operated by IRAM, a joint German/French/Spanish radio astronomy institute.

The BlackHoleCam team will closely collaborate with the Event Horizon Telescope project, led by Shep Doeleman (MIT Haystack Observatory, Boston).

Further Information

Principal Investigators:

Heino Falcke, Radboud University Nijmegen und ASTRON, Niederlande;
Michael Kramer, Max-Planck-Institut für Radioastronomie, Bonn und Universität Manchester, Großbritannien;
Luciano Rezzolla, Goethe-Universität Frankfurt und Max-Planck-Institut für Gravitationsphysik (Albert-Einstein-Institut), Potsdam.

Project Title:

BlackHoleCam: Imaging the Event Horizon of Black Holes (BlackHoleCam)

 

 

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